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Plastica e nastro

  • Immagine del redattore: Toco Buttali
    Toco Buttali
  • 2 mar 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 3 mar 2020

Breve ma intensa storia delle mie prime musicassette.


Procediamo con ordine: vedete l'oggetto rappresentato in questa immagine? Bene, io con questo quadrangolo di plastica e nastro ci sono cresciuto, ho gioito, ho pianto... soprattutto quando il nastro si incastrava nel mangianastri (un vecchio Grundig degli anni '70)


La vera musica, che sa far ridere e all’improvviso, ti aiuta a piangere…” (Paolo Conte)

Pensare che le primissime audiocassette le mandai a prendere su un giornale che circolava a scuola, un liceo classico dell'indolente provincia meridionale italiana, agli inizi dei '90. Su questo catalogo - si chiamava "Sweet Music" se non sbaglio - c'erano anche i primi cd ma io preferivo le cassette, perché costavano meno e anche perché a 16 anni non possedevo un lettore per i cd. A casa avevo quel Grundig di cui prima (che mio padre custodiva come una reliquia) e un walkman regalatomi da mia nonna dopo mie variegate insistenze. Sapevo essere molto convincente con mia nonna da ragazzino e la mia insistenza era un po' come un gelato, buonissimo ma pronto a cascare in terra da un momento all'altro.

Insomma, per non divagare oltremisura, la prima cassetta "seria" che ascoltai era nera, senza etichetta, trovata a terra davanti ad un garage. Dico "seria" per intendere valida, poiché i miei primi ricordi musicali dei nastri sono legati ai lunghi viaggi estivi in Calabria, quando mio padre a metà luglio, per le ferie, decideva di caricare la sua vecchia e tutt'ora attiva Golf GTI 1600 di provviste e famiglia e di partire verso i territori degli antichi Bruzi (la Calabria appunto).

Durante quei viaggi, durante quelle ore, il tempo trascorreva al canto di Jimmy Fontana e del suo "Il mondo" (vecchio cavallo di battaglia del mio genitore che coltivava velleità di cantante), al suono dell'Equipe 84, di Don Backy, Little Tony e non ricordo quale altro "urlatore".



Voi non potete nemmeno immaginare la mia sorpresa, la felicità e il mio benessere uditivo quando mio padre inserì nel mangianastri della Golf, per la prima volta, quella cassetta nera che avevo trovato dinanzi a quel garage scalcinato e che gli avevo regalato perché ce la facesse ascoltare durante il viaggio estivo alla volta delle coste calabre (per sfuggire a Don Backy, Little Tony e compagina bella insomma).

Immediatamente dalle casse posterori cominciarono a diffondersi le note di "Could you be loved". Fu amore al primo ascolto, che ve lo dico a fare!



LA FASE ROCK E METAL


Verso i 15-16 anni cominciai ad ascoltare rock. Abitavo al quarto piano di un palazzo, sotto di me, al terzo, risiedeva una vecchietta che costantemente si lamentava di rumori molesti di fattispecie metallica con mia madre. Sopra il mio appartamento abitava invece Gianni, un ragazzo più grande di me che ascoltava venti volte al giorno i Doors, non tutti i Doors ma sempre e solo 2 o 3 pezzi dei Doors, "Light my fire", "Roadhouse blues" ed "L. A. Woman" per la precisione.

Insomma alla fine decisi di farmi duplicare quella cassetta dei Doors... per ascoltare anche gli altri pezzi più che altro. Questa quindi fu la seconda musicassetta in mio possesso in ordine cronologico: una copia di una compilation dei Doors.


Sarà stata l'influenza di quei fantomatici rumori metallici che la vecchietta del terzo piano diceva di sentir provenire dalla mia camera (che poi scoprimmo essere allucinazioni uditive), sarà stata una imprevedibile evoluzione (o involuzione, direbbe qualcuno) degli ascolti o magari l'influenza di alcuni miei compagni di liceo, sta di fatto che con la 3° e la 4° cassetta (prese sul catalogo Sweet Music) mi trovai catapultato nell'oscuro mondo del "Metal", un universo fatto di chiodi, borchie, capelloni, Ibanez distorte, bassi elettrici accordati un tono sotto, incubi, mostri, satanassi, cannibalismo, distruzione, tricche tracche e triccheballacche...

La terza musicassetta, appena sfornata dagli studi della Elektra Records e prodotta da Bob Rock, riguardava i Metallica, era il "Black Album" per la precisione. La quarta si intitolava "Countdown to Extinction", quinto album dei Megadeth (capitanati dell'ex Metallica Dave Mustaine). Quest'ultima cassetta ha fatto una brutta fine, se non sbaglio me la fregò un metallaro torinese durante una rocambolesca vacanza a Margherita di Savoia, approfittando di un momento di distrazione. Il Black Album dei Metallica - buon lavoro, molto tecnico e accurato nella registrazione del suono - lo custodisco ancora... forse.


La storia della 5° cassetta - e qui mi fermo non perché smisi di comprarne ma perché ne acquistai moltissime altre che custodisco gelosamente tutt'oggi - è un po' particolare, essendo legata alla gita di 5° liceo a Firenze. La comprai da Nannucci, il famoso store musicale della città. In copertina c'erano stampati 4 sbarbatelli un po' incazzati, tra questi uno soprattutto mi colpì per il suo sguardo meno imbronciato degli altri ma più geniale e allucinato. Ascoltai i magnifici brani di quel nastro al ritorno dalla gita, una notte, nel walkman di mia nonna e in cuffia, mentre mio fratello dormiva nel letto di fronte al mio. Con la mia torcetta tascabile, sotto le lenzuola scartai avidamente il cellofan, tirai fuori la copertina e scoprii che quel ragazzo allucinato, sotto la scritta "Pink Floyd. The Piper at the Gates of Dawn", si chiamava Syd Barret. Quella notte capii immediatamente che quel disco, o meglio quella cassetta, sarebbe stata il mio vero, puro, secondo amore.






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