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Il ponte di Tiberio
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La costruzione del ponte sul fiume Marecchia, all'inizio della via Emilia, fu avviata da Augusto nel 14 d. C. e portata a termine nel 21 d. C. dal suo successore Tiberio. Questo ponte è una sorta di "miracolo dell'architettura civile" poichè nel corso dei secoli si è conservato in modo straordinario, tant'è vero che attualmente il Comune di Rimini, per preservare l'integrità della struttura, sta cercando di far diventare zona pedonale l'area di pertinenza del ponte.
La fisionomia comunque è alterata in corrispondenza della prima arcata, dalla parte del borgo S. Giuliano: in occasione della guerra tra bizantini e goti che da tre anni occupavano la città, nel 551 d. C. il comandante goto Usdrila ne ordinò la demolizione, allo scopo di fronteggiare l'assedio del bizantino Narsete. La ricostruzione immediatamente successiva fu eseguita tentando di riposizionare gli antichi blocchi, alcuni errori tuttavia determinarono l'alterazione dell'arcata a ogiva, ancora oggi evidente dal confronto con le altre.


Il ponte è lungo circa 70 metri e largo 8,65, si erge su 4 piloni che sorreggono 5 arcate a tutto sesto (ossia a sezione semicircolare di 180°) che poggiano su fondazioni di pietra che si allargano verso il basso. Le parti inferiori dei piloni terminano con speroni che servivano per frenare l'impeto delle acque. Le arcate non hanno uguale ampiezza infatti quella verso il centro città è più grande rispetto alle altre. La pavimentazione è costituita da lastre di pietra che ai bordi del ponte presentano iscrizioni latine scolpite. Altra particolarità sono le edicole cieche tra le imposte degli archi. Il ponte venne costruito in pietra d'Istria (stesso materiale dell'Arco di Augusto) e a partire da esso si diramavano due vie consolari: la via Emilia che raggiungeva Piacenza e la via Popilia-Annia che arrivava fino ad Aquileia in Friuli.
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Curiosità
1) il ponte scampò miracolosamente ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale e neanche le truppe d'occupazione tedesche riuscirono a demolirlo
2) dal ponte, guardando verso la rocca malatestiana, si può notare una sorta di altra costruzione a blocchi, dello stesso tipo del ponte di Tiberio. Si tratta in realtà di un'opera dell'artista riminese Eron, eseguita a spray (una macchia di muffa sui blocchi rappresenta la penisola italiana)
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Augusto e Tiberio
Augusto, nipote di Cesare, succedette a quest'ultimo dopo un periodo di guerre civili. Fu il primo imperatore romano (dal 27 a.C. al 14 d.C; Augusto vuol dire: degno di essere venerato) e con lui cominciò un periodo di pace e prosperità per Roma, dopo l'epoca delle grandi conquiste di Giulio Cesare. Augusto riorganizzò l'impero in dodici province senatorie e venti province imperiali. Diede un nuovo assetto all'esercito, attuò varie riforme fiscali, cercò di valorizzare l'agricoltura e il commercio. Cercò di ristabilire le antiche tradizioni della civiltà romana, basate su solidi legami familiari: cercò di scoraggiare i divorzi e favorire i matrimoni e le nascite. Soprattutto promosse fortemente la cultura attraverso il cosiddetto "Circolo di Mecenate" ossia un gruppo di poeti e uomini di cultura molto vicini all'imperatore. Tra questi letterati vanno sicuramente ricordati Orazio e Virgilio. Quest'ultimo è l'autore dell'Eneide un poema epico che celebra Augusto e la sua famiglia attraverso la storia dell'eroe troiano Enea.
Tiberio era il figlio adottivo di Augusto e sedette sul soglio imperiale dal 14 al 37 d. C. Fu autore di importanti riforme, tra cui una a favore dei piccoli proprietari fondiari; dovette poi fronteggiare le ribellioni delle legioni in Pannonia e nella regione del Reno. Le agitazioni furono domate da Germanico, suo nipote e successore designato che dopo questi successi morì improvvisamente. Di questa morte fu accusato lo stesso Tiberio che si disinteressò progressivamente degli affari di governo affidando il potere a Seiano, il prefetto del pretorio (il comandante della guardia pretoriana). Seiano si avvalse del potere per annientare i suoi nemici e avversari politici, svilire il senato e instaurare un regime di terrore a Roma. Dopo l'assassinio di Druso Cesare, figlio di Tiberio, Seiano fu fatto uccidere dall'imperatore il 31 d. C.
L'anfiteatro - fin dall'età augustea, Ariminum (così si chiamava Rimini in età romana) si era dotata di un teatro per le rappresentazioni sceniche; alcuni decenni dopo, nel pieno II sec. d. C. fu costruito un anfiteatro per gli spettacoli dei gladiatori. Questo edificio non venne eretto nel centro cittadino ma in posizione periferica, non lontano dal porto. Di forma ellittica, misurava circa 117x88 metri, poteva ospitare fino a diecimila spettatori. L'edificio consisteva di quattro anelli concentrici e di una serie di muri a raggiera su cui si impostavano le gradinate per il pubblico. Gli ingressi principali erano due, in corrispondenza del giro più stretto dell'ellissi; altri, minori, interni, erano anche dotati di scale che consentivano di raggiungere direttamente i piani più alti delle gradinate. Al centro era l'arena, lo spazio in cui si svolgevano i giochi e i combattimenti dei gladiatori. I duelli tra gliadiatori erano combattimenti all'ultimo sangue e ogni gladiatore aveva un nome diverso a seconda delle armi che utilizzava: i "reziari" per esempio usavano un lungo tridente e una rete per intrappolare l'avversario. Per approfondire l'argomento: https://www.capitolivm.it/societa-romana/larte-gladiatoria/



l'anfiteatro di Rimini in una ricostruzione grafica e in una foto d'epoca
L'Arco di Augusto - fu eretto in onore di Augusto nel 27 a. C per esaltare il restauro delle principali strade italiane, in particolare della Flaminia. L'Arco d'Augusto reca sulla sua sommità un'iscrizione che ci tramanda data e occasione della sua realizzazione. Il monumento dunque ha un carattere innanzi tutto celebrativo e non va confuso con i cosiddetti "archi di trionfo" (come quello di Costantino, a Roma) che sorgevano sempre isolati nei fori.
Quest'arco doveva indicare l'ingresso nella città di Ariminum quindi, è alto 17,50 metri e largo 15, per uno spessore di circa 4 metri. Costruito interamente in blocchi di calcare bianco, poggiava su due basamenti da cui si sviluppavano i piloni dell'arco vero e proprio, sormontato da un timpano triangolare. I merli, visibili ancora oggi, furono realizzati in età medievale.
Elementi decorativi: Giove e Apollo sul lato esterno ; Nettuno e Roma sul lato interno entro clipei, ossia tondi dal carattere celebrativo, simbolico e religioso. L'architettura dell'arco e l'iscrizione testimoniano la volontà di onorare l'imperatore Augusto e di celebrare la gloria di Roma.
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Curiosità: un Arco d'Augusto (molto diverso da quello riminese) è presente anche nella città di Aosta, città di pretoriani, che doveva magnificare la grandezza di Roma al di qua delle Alpi. Fu costruito nel 25 a. C. per celebrare la vittroria dei romani sui Salassi.
STORIA DI ARIMINUM
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Battuti definitivamente i Galli e i loro alleati nella battaglia di Sentino (295 a. C.), nel 268 i Romani fondano la città di Ariminum, traendo il nome da quello del fiume Marecchia (Ariminus, alla lettera: "la città sul Marecchia"). E' probabile che nel luogo preesistesse un insediamento più o meno ampio ed organizzato. L'orientamento della città è una spia eloquente dei progetti del governo di Roma: il "cardine", da monte a mare, ribadisce l'importanza della vecchia via commerciale villanoviana, mentre il "decumano" svela inequivocabili mire espansionistiche in direzione della Valle Padana. All'incrocio fra i due assi principali si apre il foro, cuore politico, religioso ed economico di Ariminum. Vie minori parallele o perpendicolari agli assi delimitano gli isolati, razionalmente disposti a scacchiera. La città, cinta di mura ospita dai dieci ai ventimila abitanti; altrettanti popolano l'agro, ossia la campagna circostante. I seimila coloni laziali e campani che, secondo gli storici antichi, si stabiliscono in territorio riminese, sono infatti capifamiglia con moglie, figli e servi. La fondazione di Ariminum è un fatto storicamente significativo, giacchè segna la definitiva vittoria dei sostenitori di uno Stato romano esteso a tutta la penisola contro i fautori di uno Stato circoscritto al Lazio.
La costruzione delle grandi strade consolari riconferma sia questa scelta politica, ormai irreversibile, che il ruolo di caposaldo di Ariminum. Nel 220 Caio Flaminio inaugura la via Flaminia, arteria commerciale e militare di 212 miglia integralmente selciate che congiunge Roma con l'ager gallicus. Nel 187 Emilio Lepido apre la via Emilia che, da Rimini a Piacenza, attraversa e collega l'intera Valle Padana. Nel 132, infine, Publio Popilio Lenate traccia la via Popilia, la strada costiera che, partendo da Rimini, arriva ad Adria e forse ad Aquileia. Importante centro fortificato, sicuro sbocco portuale e primario caput viarum, Ariminum è ormai, tra il II e il I secolo a. C., una città attiva e florida che pratica l'artigianato e il commercio, e dove si affermano famiglie potenti come gli Ovii e i Maecii. Nel 90, al termine di un processo di ascesa politica ed economica di quasi due secoli, Rimini cessa di essere una colonia di diritto latino e diventa municipio romano; i suoi abitanti, parificati ai cittadini di Roma, vengono iscritti alla tribù aniense. Nella guerra civile tra Mario e Silla, Rimini si schiera col primo. Presa a tradimento la città, Silla la mette a ferro e fuoco (82 a. C.). I partigiani di Mario sono banditi. La fonte del sacco di Silla è Cicerone; la testimonianza è autorevole, ma non ha trovato conferma in ritrovamenti archeologici. Il 12 gennaio del 49 un altro più famoso rappresentante dei "popolari", Giulio Cesare, attraversa il Rubicone alla testa della XIII legione. Più di trecento anni di discussioni, spesso molto vivaci, non sono bastati a chiarire quale degli attuali corsi d'acqua debba identificarsi col Rubicone: se il cesenate Pisciatello, il savignanese Fiumicino o il riminese Uso; pare infatti che l'antico Rubicone abbia modificato il suo corso nell'alto Medioevo. L'attraversamento in armi del fiumicello - confine tra la Gallia Cisalpina e l'Italia - costituisce un gesto di aperta e insanabile ribellione al senato di Roma ed è stato tradizionalmente interpretato come l'atto simbolico del trapasso dalla repubblica al principato. La sera stessa Cesare si acquartiera ad Ariminum. L'età augustea costituisce per Rimini un periodo di vasti interventi pubblici di rinnovamento, di crescita e di generale benessere. Nel 27 a. C., al termine del radicale restauro della via Flaminia, è eretto l'arco d'Augusto. Il monumento, tutto in pietra d'Istria, ha la funzione di porta principale della città . Iniziato nel 14 d. C., ultimo anno di vita di Augusto, il ponte a cinque arcate sul Marecchia sarà terminato nel 21 dal suo successore Tiberio, a cui è oggi intitolato. Alla costruzione dell'arco e del ponte, collocati ai due estremi del "decumano" - che diviene così la via più importante della città, e tale resterà fino ai nostri giorni - si affianca un ampio programma di lavori pubblici: nell'anno 1 d. C. vengono lastricate tutte le strade; allo stesso periodo data l'erezione del teatro nelle adiacenze del foro. I templi e gli edifici pubblici vengono rivestiti di pietra, importata massicciamente dall'altra sponda dell'Adriatico. Gli edifici privati si arricchiscono di pavimenti a mosaico, marmi pregiati ed eleganti intonaci, e confermano l'impressione di una diffusa agiatezza.
Successivi imperatori completano gli impianti pubblici di Ariminum. Al tempo di Domiziano (81-96 d. C.) risalgono l'acquedotto e la rete fognaria. Il grande anfiteatro, di dimensioni non inferiori a quelle del Colosseo, è eretto in età adrianea (119-138). Ad Antonino Pio (138-161) spetterebbe la costruzione della fontana pubblica. Fra l'età degli Antonini e quella dei Severi si assiste a un consistente sviluppo dell'edilizia privata, promossa da possidenti, mercanti e funzionari. La struttura economica di Ariminum consente ancora l'accumulo di grandi patrimoni, ma la maggioranza dei cittadini deve far fronte a un processo di progressivo impoverimento.