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viaggio a Granada

  • Immagine del redattore: Toco Buttali
    Toco Buttali
  • 2 mar 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

marzo 2019



Sulla Plaza de San Nicolás l'aria cristallina odorava di tè e incenso, ciliegia e cannella. I turisti affollavano il mirador accalcandosi attorno ai banchetti e ai tappeti stesi a terra degli artigiani di strada che con gli occhi indipendenti dei camaleonti guardavano ora la mercanzia, ora i clienti ora la via, pronti a scorgere la polizia che sequestrava tutto senza pietà. Due giovani gitani facevano cappello suonando un flamenco. Quelle note di chitarra e le battute del cajon accompagnavano il viavai sul mirador assolato per interrompersi bruscamente al grido di: agua!agua! Allora un fuggi fuggi generale agitava la piazza, e i turisti sconcertati guardavano arrivare la polizia, beffata ancora una volta dal grido d'allarme di un jamaicano pittore di strada.


L'Alhambra vista dalla terrazza del mirador è diversa rispetto alla visuale che si può avere dal quartiere Sacromonte, così come ammirarla di giorno è molto differente dalla contemplazione notturna. La notte è fatta per meditare e lo sguardo notturno sull'Alhambra è di per sé una meditazione, un percorso di riflessione, tortuoso e a volte difficoltoso come quello dell'acqua sospinta nei canali su fino alla cittadella, miracolo idraulico e ingegneristico della scienza araba.

Lo stupore della vista impedisce l'introspezione; i giardini, i cortili, le vasche e le fontane con i loro getti e i loro zampilli, le architetture e le decorazioni a muqarnas che hanno la geometria dei ricami all'uncinetto, non agevolano la comprensione riflessiva. Quest'ultima avviene compiutamente in un secondo momento, dal tramonto a notte fonda, quando spariscono i turisti e dalle case e dai ristoranti proviene odore di pietanze speziate o titinnare di vino e di liquori morbidi e saporosi. Quello è il momento in cui allo stupore della visione si sostituisce la profondità del pensiero, è il momento in cui le meraviglie dell'Alhambra, nella profusione di forme e di colori, di luci e di penombre, accompagnano il fluire libero della fantasia e dell'intuizione.



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“... mi basta dire che viaggiammo alla maniera del contrabandista, prendendo le cose come venivano, piacevoli, o meno, che fossero, assieme a gente di tutti i tipi e condizioni, in una sorta di fratellanza tra vagabondi. Questo è il modo migliore di viaggiare in Spagna." (Washington Irving, "I racconti dell'Alhambra")

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Si arriva a Sacromonte dall'alto o dal basso, dall'Ermita de San Miguel Alto o risalendo la via maestra a partire dalla Carrera del Darro. Dall'alto, l'anima gitana di Sacromonte si schiude come un fiore d'arancio e, ridiscendendo i vicoli, qualche imposta socchiusa, di porta o di finestra, lascia intravedere l'interno della cueva, dove un'anziana si pettina seduta ai piedi del letto, sotto lo sguardo di un Cristo benedicente. Nel piccolo cortile, oltre la recinzione scalcagnata, fatta di reti metalliche intrecciate con reti di letto, un asino bruca sotto un fico e due ragazzini cercano nella paglia qualcosa di prezioso, nascosto agli occhi indiscreti. Tinte rossastre tingono i muri delle abitazioni al tramonto e un canto profondo annuncia la fine del giorno, è un "martinete", l'antica melodia cantata nelle grotte dei fabbri, ritmata dai colpi dei martelli sul ferro incandescente.



Si accendono le luci notturne, il quartiere si prepara agli spettacoli e alla frenesia del flamenco. Il chitarrista scioglie le dita al bancone del bar, nella "Venta El Gallo" il cantaor scherza con la ballerina dalle scarpe rosse e lucide. Tra una portata e l'altra i camerieri sistemano le sedie davanti al palco di legno. Su quelle assi, come una volta, come ogni notte, batteranno i tacchi, le mani, schioccheranno le dita le bailaoras, volteggiando e agitando vesti voluttuose a mostrare passione e dolore nel canto che scuote la grotta e vibra come una fiamma nel rame appeso alle pareti.

Ora anche la Zambra di Maria la Canastera s'acquieta e un gatto come un amante rifiutato e ubriaco si addormenta davanti alla cueva. Come ogni notte, si compie il rituale del Sacromonte, quartiere di hippies e di gitani, di santi e vagabondi.








8/3/2020




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